Nel contesto internazionale, dove spesso la diplomazia e gli equilibri politici prevalgono sulla difesa dei diritti umani, la decisione della Regione Puglia e dell’Emilia-Romagna di interrompere i rapporti con il governo israeliano rappresenta un atto di coraggio e di presa di posizione inequivocabile. Mentre a Gaza continuano le stragi di civili innocenti - donne, uomini, bambini - queste istituzioni italiane hanno scelto di non restare in silenzio, condannando apertamente le azioni del governo Netanyahu e prendendo una posizione chiara contro il massacro in corso.

La scelta della Regione Puglia, espressa dal presidente Michele Emiliano e dal Consiglio regionale, non è un gesto di ostilità verso il popolo israeliano, ma una denuncia esplicita contro un governo che sta violando sistematicamente i diritti umani nella Striscia di Gaza. L’Emilia-Romagna ha seguito l’esempio, dimostrando che esiste una voce che si oppone fermamente alle violenze e alla repressione, senza temere le ritorsioni diplomatiche o economiche.
Di fronte a questo atto di coscienza, è emerso il tentativo di distogliere l’attenzione dal massacro palestinese attraverso un esposto legale presentato dall’avvocato Gianfranco Passalacqua, il quale ha denunciato la scelta della Puglia come

“grave e pericolosa”, sostenendo che potrebbe alimentare un clima di intolleranza antisemita. Questa accusa, che sembra più un espediente retorico che una reale preoccupazione, sposta il dibattito dall’indiscutibile emergenza umanitaria alla presunta minaccia di discriminazione.
Ma chi alimenta davvero l’odio? Forse quei gruppi di cittadini israeliani che hanno festeggiato apertamente le uccisioni di palestinesi, esibendo un cinismo e una spietatezza che hanno suscitato indignazione globale. Di fronte a queste manifestazioni, la magistratura internazionale non può ignorare il valore della vita umana e deve intervenire con decisione. È necessario ribadire con forza che la denuncia di un governo responsabile di crimini di guerra non è antisemitismo, bensì difesa della giustizia. Voler equiparare la condanna dei massacri alla discriminazione verso il popolo ebraico è una manipolazione per silenziare le critiche e proteggere interessi geopolitici.
La comunità internazionale ha il dovere di riconoscere il dramma che si sta consumando in Palestina e di prendere misure urgenti per fermare il bagno di sangue.
Il valore della vita umana deve essere posto al centro di ogni decisione giuridica e politica. Ogni giorno che passa senza un intervento deciso della magistratura internazionale equivale a nuove vittime innocenti. Il mondo non può rimanere spettatore di una delle più atroci violazioni dei diritti umani del nostro tempo. È il momento di agire, chi distoglie lo sguardo è complice.
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