La politica gioca alla guerra. Il popolo chiede pace. E qualcuno finge di non sentire.
Mentre il governo italiano pianifica un esercito da 200.000 uomini, con riservisti e professionisti pronti a essere richiamati in nome della “sicurezza”1, nelle piazze d’Italia si alza un grido che non può più essere ignorato: NO alla corsa al riarmo. NO alla militarizzazione della società. NO alla guerra come orizzonte politico.
Il 21 giugno, a Roma, oltre 100.000 persone hanno sfilato per dire basta2. Non erano estremisti, non erano nostalgici: erano cittadini, famiglie, studenti, lavoratori, anziani. Erano l’Italia vera. Quella che non vuole vedere i fondi per la sanità, la scuola e il welfare sacrificati sull’altare delle spese militari2.
Eppure, mentre il popolo manifesta, la politica si divide, si nasconde, si contraddice.
Alcuni partiti – come il Movimento 5 Stelle, AVS e parte del PD – hanno presentato una mozione per sospendere la cooperazione militare con Israele3.

Ma altri, nel silenzio o nella complicità, accettano supinamente la linea atlantista, che chiede all’Europa di portare la spesa militare al 5% del PIL4. Una follia da oltre 400 miliardi di euro l’anno.
Chi rappresentate, signori della politica? Il popolo italiano o gli interessi di pochi?
Perché diciamolo chiaramente: i politici non sono padroni. Sono rappresentanti. E quando si discostano dalla volontà popolare, tradiscono il mandato ricevuto. Quando ignorano le piazze, calpestano la democrazia.
Quando firmano accordi militari senza dibattito pubblico, agiscono nell’ombra.
L’Italia non vuole la guerra.
L’Italia non vuole essere complice di genocidi.
L’Italia non vuole essere trascinata in conflitti che non le appartengono.
E allora lo diciamo forte:
- Fermatevi.
- Ritirate i piani di riarmo.
- Restituite la parola al popolo.
Perché la pace non è debolezza. È coraggio. E chi oggi la difende, è l’unico vero patriota.
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